Standing ovation per Bernardo Bertolucci
Un’interminabile standing ovation di tutto il pubblico del Teatro Petruzzelli ha accolto l’arrivo di Bernardo Bertolucci al Bif&st 2018 per una Masterclass e per presentare l’anteprima mondiale della versione restaurata dalla Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia di Ultimo tango a Parigi, proiettata in serata sempre al Petruzzelli dove il regista Premio Oscar ha ritirato dalle mani di Giuseppe Tornatore il “Federico Fellini Platinum Award for Cinematic Excellence”.
Sembrava non volesse finire mai la standing ovation che ha accolto l’ingresso sul palco del Teatro Petruzzelli di Bernardo Bertolucci. Teatro nuovamente tutto esaurito, com’è spesso accaduto in questi giorni, per quella che era certamente la Masterclass più attesa del Bif&st 2018. Una manifestazione straordinaria di affetto e di ammirazione per il regista che si è ripetuta anche al termine dell’incontro moderato da David Grieco che seguiva la proiezione di uno dei suoi capolavori, Strategia del ragno, e prima e dopo la proiezione serale di Ultimo tango a Parigi introdotta dal direttore del Bif&st, Felice Laudadio.
Bernardo Bertolucci ha fortemente apprezzato la versione restaurata del film realizzata dalla Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia con la consulenza di Vittorio Storaro per la fotografia e di Federico Savina per il suono. Il film, la cui prima uscita nel 1972 destò un tale scandalo da provocarne il sequestro e poi la messa al rogo di copie e negativo, tornerà anche nelle sale a partire dal 21 maggio in 120 copie, parte delle quali nella versione originale mai prima vista in Italia.
Sulle traversie del film che Bertolucci girò nel 1972 nella capitale francese con Marlon Brando e Maria Schneider, il regista si era già dilungato nel corso della conferenza stampa tenuta, prima della Masterclass, al Cinema Galleria: “Io, il produttore Alberto Grimaldi e Marlon Brando fummo condannati a due mesi di carcere, che poi non facemmo perché eravamo incensurati. Ma qualche tempo dopo, andando a richiedere il certificato elettorale all’anagrafe, scoprii che tra le pene accessorie c’era anche la sospensione per cinque anni dei diritti civili e che quindi non potevo votare. Questo mi ferì profondamente”.
Sia nella conferenza stampa che nella Masterclass si è parlato, naturalmente, del rapporto del regista con Marlon Brando: “Scelsi Brando dopo i rifiuti di Jean-Louis Trintignant, che non voleva recitare nudo, di Jean Paul Belmondo che considerava il film pornografico e poi di Alain Delon, che avrebbe accettato solo a costo di esserne anche il produttore, ciò che avrebbe provocato un conflitto di interessi per me inaccettabile. Quando qualcuno, una sera a cena a Piazza Navona, mi fece il nome di Brando trovammo il modo di rintracciarlo e farlo venire per due o tre giorni a Parigi. Il primo incontro avvenne in un hotel, io ero molto intimidito da lui ma riuscii a raccontargli la trama in un minuto e mezzo, con il mio inglese allora improbabile. Lui rimase in silenzio, guardando in basso e senza mai alzare gli occhi. Poi mi disse che stava cercando di capire quando avrei finito di muovere il piede per il nervosismo!”
“Gli feci vedere Il conformista, gli piacque e mi propose di trascorrere un mese a Los Angeles per discuterne con calma. Quando arrivai in città, mi venne a prendere in albergo e mi portò a casa sua in Mulholland Drive dove sarei poi tornato tutti i giorni, parlando di tutto tranne che di Ultimo tango. Ma ero contento perché avevo capito che non c’era pregiudizio da parte sua nei miei confronti e nei confronti del film”.
Sempre nel corso della conferenza stampa, Bertolucci aveva parlato delle sue impressioni sul restauro del film: “Ne sono stato molto contento, è una copia bellissima, risplendente, solo cosparsa di un piccolo velo che fa un po’ vintage ma che è giusto che abbia dopo tutti questi anni. Dopodiché ho pensato che, se dovessi rifarlo, accorcerei le scene con la Schneider e Jean-Pierre Leaud, in certi momenti forse inutili ma probabilmente dovute al fatto che volevo che il pubblico provasse, qui e là, nostalgia della presenza di Marlon Brando. Ora aspetto il giorno in cui la Cineteca Nazionale, oltre a restaurare i film, sarà in grado di restaurare anche i registi!”
Durante la Masterclass al Petruzzelli Bertolucci si è soffermato sul suo rapporto con gli attori. “Sugli attori non la penso come Hitchcock che diceva di considerarli solo bestiame, anche se penso lo dicesse solo per alimentare il suo mito. Se è bestiame, allora per me è bestiame prezioso! Io devo potere amare qualcuno per potergli andare vicino con la macchina da presa e voglio che, durante le riprese, gli attori partecipino al processo di creatività. Sia nel caso degli attori che delle attrici” – il regista ne ha lanciate tante, come ha ricordato David Grieco, da Dominique Sanda a Liv Tyler e Eva Green alla stessa Maria Schneider – “Capisco subito se vanno bene per me, devono avere in loro quell’aura di mistero e di segreto con i quali poi saranno in grado di dare corpo ai personaggi che sono sulla pagina scritta. Anche per questo non ho mai accettato imposizioni da parte dei produttori sulla scelta del cast, com’è accaduto a Ridley Scott quando ha acconsentito a eliminare le scene di Tutti i soldi del mondo nelle quali recitava Kevin Spacey. Quando l’ho saputo ho mandato un messaggio al montatore Pietro Scalia perché riferisse a Scott che si doveva vergognare. E subito dopo mi è venuta la voglia di fare un film con Kevin Spacey!”
Un altro capolavoro più volte rievocato nel corso della Masterclass da Bernardo Bertolucci è stato L’ultimo imperatore che nel 1988 conquistò ben nove Oscar. “Sono stato molto orgoglioso di aver portato una grande troupe internazionale nell’allora inaccessibile Città Proibita. Il film fu una specie di scommessa, un kolossal con tutti attori pressoché sconosciuti, perlopiù cinesi a parte Peter O’ Toole. La Rai sembrava interessata a produrlo ma poi dissero: ‘ma il pubblico saprà distinguere sul piccolo schermo un cinese da un altro?’. Fortuna che poi il produttore Jeremy Thomas riuscì a trovare i finanziamenti.”
Sulla Notte degli Oscar: “Era tutto straordinario, mi sembrava un luna park, un circo cui prendevano parte anche tutti i miei collaboratori che vedevo premiati sul palco uno dopo l’altro. Quasi non ci credevamo. Ricordo anche quando nel mio discorso di ringraziamento equiparai Los Angeles a un grande capezzolo, ‘The Big Nipple’ dissi pensando a come New York fosse definita ’The Big Apple’. Ci fu un silenzio assoluto da parte del pubblico americano, notoriamente puritano. Ma il giorno dopo, mentre ero in taxi, sentii alla radio un disc-jockey che diceva di stare trasmettendo da ‘The Big Nipple’”!
Sul suo modo di lavorare sul set, Bertolucci ha ricordato quanto gli disse una volta Jean Renoir, di cui è stato un grande ammiratore e che andò a trovare a Los Angeles, quando il grande regista era ottantenne: “Alla fine del nostro incontro mi disse: ‘ricordati di lasciare sempre una porta aperta sul set, perché non si sa mai chi potrebbe entrare’. È proprio questa, secondo me, la bellezza del cinema, lasciare passare uno spiffero della vita vera è qualcosa che aiuta la mia creatività e quella dei miei collaboratori. Quando ho girato per qualche giorno a Hollywood, in occasione di un mio film, mi sono reso conto di quanto gli americani tendano a rispettare sempre lo storyboard. Capisco quanto questo possa aiutare l’efficienza di una produzione ma a me piace non sapere quello che sto facendo”.
Quanto ha contato il ’68 nella formazione e nell’arte di Bernardo Bertolucci?: “Ero già grande, lo osservavo dall’esterno ma mi piaceva molto assistere a quello che stava succedendo in Italia e in Francia, mi piaceva pensare che si potesse cambiare il mondo. Ripensandoci oggi mi rendo conto che quel periodo ha liberato in me certe forze, facendo sì che mi allontanassi da un cinema che fino ad allora era una sorta di autoconfessione personale per farne uno più aperto al pubblico, più dialogante, come poi fu appunto Ultimo tango a Parigi. E penso anche che il ’68 abbia gettato il seme di un movimento come quello Me Too che mi vede totalmente d’accordo”.
Prima della proiezione del capolavoro restaurato, Bernardo Bertolucci ha ricevuto dalle mani di un altro Premio Oscar, Giuseppe Tornatore, il Federico Fellini Platinum Award for Cinematic Excellence, l’ultimo del 2018 assegnato dal direttore del Bif&st Felice Laudadio.