FABRIZIO BENTIVOGLIO: “IO BRAVO COME AL SOLITO? NON È VERO: OGNI VOLTA MI IMPEGNO A FARE MEGLIO!”
Fabrizio Bentivoglio è stato il protagonista della Master Class di domenica 26 marzo incontrando il pubblico del Teatro Petruzzelli dopo la proiezione del suo unico film da regista, “Lascia perdere, Johnny!”
Ieri sera Fabrizio Bentivoglio era sul palco del Teatro Petruzzelli insieme a Gabriele Salvatores e Toni Servillo per presenziare all’anteprima internazionale del nuovo film del regista Premio Oscar, “Il ritorno di Casanova”. E stamattina, sullo stesso palco, l’attore ha voluto rivelare un particolare inedito sul film: «Quando Gabriele mi diede da leggere la sceneggiatura, il mio personaggio era genericamente indicato come “l’attore che interpreta Casanova”. Terminato di leggerla, lo chiamai al telefono e gli dissi: il mio personaggio si chiama Federico Lolli, come quello che avevo interpretato in Turné. E lui mi ha risposto: “mi hai fatto venire i brividi!”. Questa cosa è rimasta tra me e lui, nessuno della troupe ne è mai venuto a conoscenza. Ma è per dire che nel film c’è un sottotesto, quello per cui in un certo modo esso racconta tutta la nostra vita!».
E nella vita, o meglio nella carriera di Fabrizio Bentivoglio c’è anche un unico film del quale è stato regista, oltre che interprete, “Lascia perdere, Johnny” (2007), proiettato stamattina prima della sua Master Class davanti ad un folto pubblico che, in maggioranza, non aveva mai visto il film che all’epoca dell’uscita ebbe una circolazione ridotta e che, come ha ricordato lo stesso Bentivoglio, non è mai stato trasmesso in televisione.
Ma perché un solo film da regista? gli ha chiesto il moderatore Marco Spagnoli: «Ho iniziato a lavorare sul film nel 2006 e per me è stata come la gestazione di un figlio, per un anno la cosa più importante della mia vita. Poi, però, è nato il mio primo vero figlio e negli anni successivi ne ho avuti altri due e dunque mi sono ritrovato nella condizione per cui nulla è più importante dei miei figli, ragione per cui non ho fatto più regie. Magari quando saranno più grandi e si smarcheranno dai genitori, potrò riprendere in considerazione l’idea di dirigere un altro film». Sulla genesi di Lascia perdere, Johnny: «Ho frequentato per diversi anni la Piccola Orchestra Avion Travel, a partire dal 1992 e con loro ho condiviso concerti, tournee, pranzi e cene durante i quali ho ascoltato più volte i loro racconti, in particolare quelli di Fausto Mesolella, il chitarrista del gruppo, scomparso nel 2017 e al quale voglio dedicare questa mattinata. Sono quindi partito da questi racconti e quando Fausto aveva capito che stavano diventando qualcos’altro ha aperto un cassetto e mi ha dato un cd nel quale erano registrate alcune sue composizioni inedite che non avevano ancora i testi e dunque non erano diventate canzoni del gruppo. Ho scritto la sceneggiatura proprio ascoltando quelle musiche che poi sarebbero diventate le musiche del film».
Qual è il suo rapporto oggi con il film? «Quando l’ho rivisto qualche tempo fa mi sono meravigliato, non riuscivo a credere di averlo fatto io. E se non lo avessi saputo, mi sarebbe piaciuto molto lo stesso. Resta poi una bellissima esperienza che mi ha cambiato anche come attore perché, dopo avere acquisito maggiore coscienza di tutto quello che c’è dietro la realizzazione di un film, sono diventato più collaborativo».
Sulla scelta di intraprendere la carriera di attore: «Non ci ho mai pensato fino ad un certo punto, Stavo studiando medicina e preparando l’esame di Anatomia 1, con la radio accesa dove parlava un ex attore della scuola del Piccolo di Milano. Chiusi il libro, mi segnai l’indirizzo della scuola e andai in Corso Magenta a prendere il bando. Poi ho fatto il provino d’ingresso, mi hanno preso ed è andata che la scuola non l’ho nemmeno finita, perché dopo due anni già lavoravo.
Clark Gable diceva che nel mestiere di attore solo i primi 30 anni sono duri. Sarebbe a dire che i primi 10 servono per capire di che pasta sei fatto e altri 20 per confermarlo. Adesso che ne ho 65 voi sapete che sono un bravo attore!»
Numerose le domande del pubblico, a partire da quella di uno spettatore che gli ha chiesto se, ricordando il personaggio dell’insegnante antipatico che tratta male i suoi studenti in La scuola di Daniele Luchetti, lui fosse mai andato a parlare con i docenti dei suoi figli: «Sì, e ci ho pure litigato. Perché ci sono insegnanti che non hanno capito che i due anni che abbiamo passato con la pandemia hanno lasciato segni che noi dobbiamo ancora capire. Pretendere il rendimento che avevano prima è disumano».
Sul suo rapporto con i social: «Non li frequento, non mi piacciono, ho a malapena il cellulare per parlare e scambiare qualche messaggio. Non amo questa smania di riempire tutti gli spazi, verbali, sociali… Ho letto una intervista a Claudio Abbado nel quale diceva che lui, più che le note, legge gli spazi che ci sono tra loro, perché nei silenzi c’è dio. Sono d’accordo: il silenzio è il nutrimento dell’anima».
Sulla crisi del cinema: «C’è solo un modo per salvare il cinema: puntare al bellissimo. Ogni cosa brutta che si fa ci danneggia tutti. A proposito: quando io leggo nelle recensioni “Bentivoglio bravo come al solito” io mi offendo perché non è vero, io cerco di fare sempre meglio film dopo film, altro che come al solito!».
Al termine dell’incontro, il direttore del Bif&st Felice Laudadio ha consegnato a Fabrizio Bentivoglio il Federico Fellini Platinum Award.